La vite, il suolo e i cambiamenti climatici - Tenute Tomasella

Si fanno sempre più frequenti i convegni e gli incontri dedicati al rapporto che intercorre tra i cambiamanti climatici e la vitivinicoltura. Oggi l’aumento degli eventi climatici estremi, delle temperature e delle precipitazioni sempre più irregolari, minano soprattutto la tipicità e l’identità dei vini, rischiando di compromettere la differenziazione tra aree viticole. Il "global warming",

Si fanno sempre più frequenti i convegni e gli incontri dedicati al rapporto che intercorre tra i cambiamanti climatici e la vitivinicoltura. Oggi l’aumento degli eventi climatici estremi, delle temperature e delle precipitazioni sempre più irregolari, minano soprattutto la tipicità e l’identità dei vini, rischiando di compromettere la differenziazione tra aree viticole.

Il "global warming", ovvero il progressivo riscaldamento della crosta terreste dovuto a una molteplicità di fattori, in sintesi pone alla ribalta almeno tre aspetti preminenti. 
Le zone vitate tradizionalmente considerate “marginali” diventeranno progressivamente zone “vocate” mentre le zone vitate tradizionalmente considerate “vocate” si trasformeranno gradualmente in aree a clima sub-tropicale ponendo il problema di maturazioni troppo accelerate, fenomeni di scottature e bruciature dell’uva e sintesi di aromi fortemente sbilanciati verso sentori tipici della "sur-maturazione".
Più in generale, il cambiamento di clima sta ponendo e porrà il viticoltore di fronte a nuove sfide che non saranno solo quella di protezione dai danni da surriscaldamento o di un ritardo, calibrato e voluto, della maturazione ma anche, ad esempio, di cambiamenti della fertilità del suolo.

Molte aziende stanno ponendo l’attenzione a questo problema e altreante sono quelle che hanno iniziato ad ad approfondirlo partendo dall’analisi dei terreni di proprietà. Portiamo l’esempio di Tenute Tomasella, offrendo un palco aperto con altre realtà aziendali che vorranno approfottare di questi spazi per un confronto.

Tenute Tomasella grazie alla collaborazione con Diego Tomasi, ricercatore CREAVE (Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Conegliano) e del pedologo Giuseppe Benciolini, professionista esperto nello studio dei suoli ha dato recentemente avvio un ambizioso progetto di studio scientifico dei suoli e di analisi del loro fondamentale ruolo per preservare l’identità della produzione vinicola, partendo dalla conoscenza del proprio terroir per giungere a fronteggiare il problema del cambiamento climatico.
I suoli di Tenute Tomasella hanno origini geologiche diverse, si sono formati a seguito delle esondazioni del Livenza, ma risentono anche di tutto ciò che in altre ere geologiche è stato trasportato dagli altri fiumi e dalle colline delle Prealpi. Il pedologo ha con sorpresa realizzato come nel giro di poche centinaia di metri, si passi da suoli estremamente limosi, a suoli ricchi di argilla fino a suoli molto calcarei il tutto accompagnato da colorazioni diverse. Nel contesto di un’azienda di 50-60 ettari questo non è così frequente ed è sicuramente una grande opportunità da valorizzare. Ma l’analisi non si ferma alla sola composizione chimico-fisica che ha evidenziato soprattutto la diversa dotazione in argilla, calcare, potassio e sostanza organica, ma si sta spingendo a studiare la capacità dei suoli di trattenere l’acqua piovana e fungere da serbatoio per le necessità della vite. Serve quindi conoscere non solo le proprietà fisse (quali la tessitura), ma sono soprattutto quelle dinamiche ossia i contenuti di sostanza organica (spesso molto variabile), lo stato di aerazione, la microbiologia ad interagire maggiormente con la vite. Infatti un altro parametro da considerare è il comportamento della vite nei diversi suoli dettato dall’apparato radicale, la sua distribuzione in profondità, la sua diffusione orizzontale e la sua densità. Studiare quanto una vite è costretta ad investire nell’apparato radicale a scapito della parte aerea permette infatti di capire la sua potenzialità energetica; se il terreno è povero d’acqua la vite investirà di più nelle radici a scapito della produzione, mentre in un terreno con giusta riserva idrica la vite investirà maggiormente negli aspetti qualitativi, ma sarà ancora penalizzata se il suolo è asfittico e privo di ossigeno. Quindi si vuole giungere a capire quale risposta metabolica dà la pianta nei diversi suoli, cosa riesce a produrre in termini di aminoacidi, zuccheri, aromi, sostanze coloranti, etc. e dunque che risposta enologica finale avremo, ossia quale sarà l’impronta lasciata dal suolo nel vino.

“Al termine del lavoro – spiega Diego Tomasi – sulla base delle diverse tipologie di suolo riscontrate nelle Tenute Tomasella e originate da diversi substrati geologici, l’obiettivo sarà dimostrare come proprio il terreno stia diventando elemento di primaria importanza e come possa anche diventare un’arma efficace per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e far parlare i nostri territori nel futuro. Vogliamo infine riuscire a caratterizzare i vini dell’azienda in funzione dell’origine dei diversi terreni”.

Queste prime osservazioni hanno anzitutto confermato che le scelte fatte fin qui in termini di coltivazione, ossia prediligere i suoli calcarei per le varietà a bacca bianca e quelli argillosi per le varietà a bacca rossa, sono state corrette. Ma è necessario che il legame tra terreno e vite sia ancora maggiore attraverso l’arricchimento di sostanza organica, l’applicazione di lavorazioni precise come l’arieggiamento per evitare il compattamento e favorire l’attività e la ricchezza microbiologica, etc. In sostanza, un lavoro di globale orientamento di tutta la gestione agronomica dei suoli perché ad un apparato radicale efficace corrisponde una vite più resiliente anche ai cambiamenti climatici.

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