Lambrusco, il vino più antico e più moderno

Lambrusco sul podio Si beve meno ma meglio, infatti si consumano sempre più bottiglie di vino Doc a discapito dei vini confezionati in formati che non siano la bottiglia di vetro. 
Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca Iri che è stata presentata

Lambrusco sul podio
Si beve meno ma meglio, infatti si consumano sempre più bottiglie di vino Doc a discapito dei vini confezionati in formati che non siano la bottiglia di vetro. 
Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca Iri che è stata presentata a Vinitaly 2017. Quello della grande distribuzione si conferma il canale di vendita più importate per i produttori, 
con 506 milioni di litri venduti.
Sul podio dei vini più venduti in Italia si piazzano tre insuperabili campioni: primo in assoluto il Lambrusco, seguito dal Chianti e dal Montepulciano d’Abruzzo. 
Il primato del Lambrusco si conferma anche sui mercati internazionali con picchi di aumento delle vendite soprattutto negli USA, in Europa, Russia, Brasile e, ora, anche Cina.
Il Lambrusco ha una storia lunghissima, ricca di sentimenti e mette in evidenza, forse più di ogni altro vino italiano il legame con il territorio di origine. Il suo fascino, la fragranza e i profumi irripetibili trasmettono in modo immediato la cultura e la tradizione del territorio di Modena e di Reggio Emilia, dove le viti selvatiche sono state addomesticate nei secoli per donare questa chicca dell’enologia italiana.
Il Lambrusco è quasi un’istituzione nelle terre lungo il Po e, oltre a Modena e Reggio, non sono da meno Mantova e Parma. Sono tutte aree dove il maiale regna sovrano e questo vino rosso frizzante è perfetto da abbinare con i vari prodotti che si elaborano, abbondanti e ricchi,
con le sue carni.
La tendenza, in atto nell’ultimo decennio, a riconsiderare i vini della tradizione italiana ovvero i vini da vitigni autoctoni, dopo un periodo di attenzione ai vini internazionali di elevata gradazione e per lo più barricati, ha concorso a fare del Lambrusco un vino moderno per il basso contenuto alcolico, per i suoi profumi e per la piacevole freschezza e briosa bevibilità. Le consolidate affermazioni del Lambrusco nei tasting internazionali dimostrano questo dato di fatto, ma anche la capacità, l’impegno, la competenza 
e la passione dei vignaioli che lavorano per il successo di questo vino unico e identitario.
Il Lambrusco è dunque un vino antico, ma estremamente moderno. 
È giovane, non troppo alcolico, 
di pronta beva, dotato di personalità, 
ma non impegnativo, ricco per natura di quella esuberante anidride carbonica che in altre bevande 
è aggiunta artificialmente.

La carta d’identità 
e le tipologie principali
Il vitigno Lambrusco appartiene a una famiglia complessa. Molti ampelografi l’hanno studiata e il conto delle cultivar individuate sarebbe troppo lungo da descrivere in queste pagine. Tutto nasce dalla sua lunga storia che ha antichissime documentazioni testimoniate dalle citazioni presenti nelle opere di importanti poeti e scrittori come Virgilio (nella sua Quinta Bucolica) e Catone, che raccontano di una “Lambrusca Vitis”, ovvero di un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne. Nel 1300 il bolognese Pier De Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura, per primo suggerì di prendere in considerazione la coltivazione della “Vite Lambrusca” per poi ottenerne il vino.
Il Lambrusco, nelle sue tipologie, elargisce oggi diverse varietà di vino, tipiche delle zone del Modenese, del Reggiano, del Parmense e del Mantovano. Si è giunti infatti negli anni ad una sua classificazione secondo le zone di appartenenza 
del vitigno stesso.
Lambrusco di Sorbara
Lambrusco Grasparossa
Lambrusco Salamino
Lambrusco Marani
Lambrusco Maestri
Lambrusco Montericco

Il Lambrusco è cultura di territorio
Fin dall’800 nelle locande e nelle trattorie di Modena, il Lambrusco era venduto a un prezzo tre volte superiore a quello del vino comune. Spesso era più costoso di un intero pasto. Un altro indizio della sua importanza è che il Lambrusco è stato sempre venduto in bottiglia, mentre gli altri vini erano serviti alla spina.
Oggi nelle due province emiliane di Reggio e di Modena, dei 13.873 ettari di superficie vitata 9.414 sono coltivati con i vitigni Lambrusco.
Sette denominazioni, una per ogni giorno della settimana: Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Lambrusco di Modena, Lambrusco Reggiano, Lambrusco dei Colli di Scandiano e di Canossa, Lambrusco dell’Emilia.
Tipicità, tradizione, moderne tecniche produttive e precisi riferimenti territoriali portano oggi ad apprezzare vini briosi carichi di storia,
di tradizione e di colore. 
Mario Soldati definì il Lambrusco “l’umile Champagne dell’Emilia-Romagna”, mentre Pavarotti ne decantava le qualità, paragonandolo ad “uno spumante selvaggio e ineducato”.
Fa eco un goloso consumatore di Lambrusco come Guccini, che, essendo nato a cavallo fra Emilia e Toscana, ha preferito le allegre bollicine all’importanza dei mille rossi che nascono “di là”.
E se vogliamo lasciarci andare alle emozioni a cui conduce lo storytelling nel marketing del vino dovremmo ricordare quanto Giuseppe Verdi amasse degustare un piatto di bolliti con salse e mostarda sorseggiando
del buon Lambrusco.
Già perché il Lambrusco è un vino che unisce l’eleganza delle bollicine e la bellezza del colore rosso.
“Il Lambrusco - dice Ermi Bagni direttore del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena e del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi - si fa condurre dal suo istinto ed esprime la sua vitalità nel momento in cui viene versato nel calice: dalla spuma evanescente si sprigionano una moltitudine di emozioni nelle quali riconosci la maestosa bellezza della natura.
Nella trasparente esuberanza del Lambrusco troviamo la simbologia del territorio che partendo dallo stile semplice delle chiese romaniche, attraversa la succulenza dei cibi per arrivare al raffinato glamour delle autovetture sportive”.

La terra, la vite, l’uomo, i Consorzi
Nel territorio di Modena e di Reggio Emilia non ci sono produttori di uve ma viticultori qualificati. Qui, nel cuore dell’Emilia si trova l’azienda vinicola più antica della regione ed operano tre cantine cooperative che nel 2003 hanno festeggiato il centenario dalla loro fondazione, ma soprattutto la vitivinicoltura a Modena e Reggio Emilia si identifica nei “Lambruschi a Denominazione di Origine Dop & Igp”.
Insieme all’impegno individuale degli uomini e alla prodiga offerta del territorio, oggi per il vino serve fare sistema; sono necessarie una vetrina e una sostenibilità che solo i Consorzi del Lambrusco di Modena e di Reggio Emilia possono salvaguardare, come richiedono i grandi mercati internazionali e i moderni mezzi di comunicazione commerciale con l’unico obiettivo di tutelare l’origine del prodotto e garantire le scelte
del consumatore.
I Consorzi non si limitano ad esprimere la volontà di garantire al consumatore prodotti di altissima qualità ed il controllo totale della filiera produttiva che parte dalla cura del vigneto ed arriva sino alle nostre tavole e su quelle di milioni di consumatori nel mondo, ma l’obiettivo si sposta sempre più avanti. Infatti, se da un lato è necessario mantenere alta l’attenzione sulla qualità, dall’altro è indispensabile entrare in una fase ancora più matura e responsabile in tema di sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio
nel suo insieme.
Come sostiene ancora Ermi Bagni,
“si tratta di un tema di grande attualità e i Consorzi di Tutela del Lambrusco di Modena e di Reggio Emilia hanno predisposto un nuovo protocollo che ha lo scopo di coinvolgere tutte le imprese della filiera vitivinicola, ossia viticoltori, cantine cooperative di trasformazione e aziende di imbottigliamento, per ottenere la certificazione di Territorio Viticolo Sostenibile. Raggiungere questo obiettivo permetterà di rafforzare l’immagine del territorio di origine del Lambrusco in grado di dare ulteriori certezze per il consumatore”.
Si può quindi dire che l’unione fa la forza e che, attraverso i Consorzi di Tutela, la forza produttiva, qualitativa e quantitativa dei singoli produttori si moltiplica con effetti importantissimi anche per l’economia di un territorio che di questo vino ha fatto uno dei suoi messaggeri privilegiati e nobili.
Comune denominatore, ovviamente, l’ambito geografico dei produttori di Lambrusco e la voglia non solo di tenere sempre altissima la qualità del prodotto finale, ma anche di lavorare per una sempre migliore sicurezza alimentare seguendo quello che ormai nel settore vinicolo di qualità certificata è un vero e proprio paradigma: bere responsabilmente.
“Tra gli altri compiti istituzionali dei Consorzi di Tutela del Lambrusco - continua Ermi Bagni - vi è certamente la promozione. I concorsi enologici internazionali e le guide dei vini italiane e internazionali hanno premiato l’evoluzione qualitativa dei Lambruschi Doc i quali si affermano sempre di più sul piano della qualità”.

I dati attuali e i progetti per il futuro
La produzione di Lambrusco certificato Dop e Igp nel 2016 è stata di 155.740.520 bottiglie, delle quali 31 milioni sono riferite ai quattro Lambruschi Doc modenesi “Lambrusco di Sorbara”, “Lambrusco Salamino di Santa Croce”, “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”, “Lambrusco di Modena”;
9,5 milioni di bottiglie sono di Reggiano Lambrusco e Lambrusco dei Colli di Scandiano e di Canossa, e poi ci sono ben 105 milioni di bottiglie di Lambrusco Emilia delle quali oltre il 60% è destinato ai mercati comunitari ed extra UE. In occasione del Vinitaly è stata presentata una proposta volta allo sviluppo delle potenzialità
di questo vino ovvero la creazione di un “Distretto del Lambrusco”, che accosti in modo sinergico il settore produttivo e i rappresentanti delle istituzioni del territorio.
Il comparto potrà nascere e svilupparsi tra Modena, Reggio Emilia, Parma e Mantova e presenterà 16.000 ettari di vigneto con 180 milioni di bottiglie e un fatturato di circa 600 milioni di Euro. “L’obiettivo - spiega ancora Ermi Bagni - è consolidare e rilanciare il settore, ma anche sviluppare una vitivinicoltura sostenibile, rispettosa dell’ambiente e attenta all’utilizzo delle risorse naturali.

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