Fvg i territori del gusto/7
La civiltà contadina friulana, per centinaia d’anni, ha affidato al mais evocazioni emotive al cui centro stava la famiglia raccolta, la sera, con gli amici nel caldo della stalla a scussâ la blave, ovvero a scartocciare le pannocchie. A Mortegliano, il paese della blave per antonomasia (nel 1998, il Comune e la Pro Loco hanno
La civiltà contadina friulana, per centinaia d’anni, ha affidato al mais evocazioni emotive al cui centro stava la famiglia raccolta, la sera, con gli amici nel caldo della stalla a scussâ la blave, ovvero a scartocciare le pannocchie. A Mortegliano, il paese della blave per antonomasia (nel 1998, il Comune e la Pro Loco hanno depositato il marchio e lo hanno concesso in esclusiva alla cooperativa “Blave di Mortean” per la farina da polenta seguendo un vero e proprio disciplinare di produzione) questo rito è stato recuperato: non più in stalla certamente, ma il lavoro manuale è il medesimo. La cooperativa, infatti, per selezionare i grani migliori (sempre a mano), scarta oltre il 50% degli stessi. Le regole del disciplinare impongono che, per ottenere un’eccellente farina da polenta, si utilizzi solo granella sanissima, non contagiata da muffe e parassiti che possano inficiarne la qualità. La granella, inoltre, viene avviata alla macinatura solo poco prima della consegna della farina, per mantenere colore, profumi e sapori integri. Utilizzo di terreni a medio impasto, irrigui, dove le concimazioni sono perlopiù a base di letame; ricorso alle rotazione colturali ed essiccamento a bassa temperatura (sotto i 40 °C) con la conservazione dei grani in frigorifero: sono queste le altre regole che la cooperativa, le cui produzioni sono certificate anche dal prestigioso ente CSQA, segue alla lettera per ottenere mais di qualità, dal quale si ricava una farina davvero superiore.
Farina che è la base per preparare una delle pietanze più tipiche della terra friulana: la polenta. In regione, di polenta, prima dell’arrivo del mais, ne preparavano anche i Romani: erano le latine pultes (se condite, si chiamavano pultes julianae), cioè polentine o pappe preparate con la spelta e con diversi cereali, tra cui il farro. La Antonini Perusini, nel suo vademecum, racconta che «la polenta è alimento di veneranda antichità e la sua origine risale a tempi preistorici. Le farine con cui si facevano le antiche polente, farro, miglio, sorgo, panico, grano saraceno, saranno in seguito soppiantate dal mais». Don Vito Zoratti di Codroipo, in un suo volume del 1975, riportando alla memoria le visite pastorali del 1595 alla parrocchia di Bertiolo e alle sue filiali (la cui relazione risulta essere il primo documento scritto sull’ingresso del mais in Friuli), racconta: «La Chiesa di San Martino di Bertiolo ha fra le altre filiali la Chiesa di San Andrea di Pozzecco, nella quale celebra il cappellano di nome Pre Daniele stipendiato dal Comune di detto luogo con 4 staia di frumento, così pure di miglio e 4 di sorgo turco». Un altro uomo di chiesa, Padre David Maria Turoldo di Coderno di Sedegliano, nel suo libro “Mia infanzia d’oro” del 1991, scriveva: «Polenta mia, guai se qualcuno parlerà male di te [...]». L’importanza del mais nell’alimentazione del popolo friulano è bene evidenziato anche nell’“Inchiesta Jacini” del 1882 in cui si ricorda che «il contadino friulano insacca la polenta nel suo stomaco e raramente alterna o mescola questo cibo con altri. Tanto ci è ormai avvezzo che, nei primi tempi del servizio militare, benché meglio nutrito senza paragone, patisce la fame».
La polenta, quindi, è la regina della tavola friulana: modesta ma appetitosa, accompagna mille piatti. Si ottiene regolando le proporzioni tra acqua e farina (in genere sono di 1 litro d’acqua per 500 grammi di farina), il cui mix deve essere fatto bollire a fuoco lento in un paiolo di rame per almeno 45 minuti. Stupenda con il pesce in umido, diventa essenziale per gustare al meglio la selvaggina in salmì e i funghi o, ancora, il salame cotto nell’aceto, il cotechino, i fagioli in umido e, naturalmente i formaggi. Molto buona con il latte (lo zuf) e la zucca oppure nella sua versione dessert, con burro e zucchero. Diffusa anche la preparazione della polenta pasticciata, piatto unico con carne e formaggio fresco, e il toc in braide, una polentina di farina di mais macinata sottile, condita con la morchia (ottenuta rosolando la farina di mais nel burro finché diventa di color nocciola). La polenta e tutti i prodotti ottenuti dal mais (farina, biscotti, grissini, crostini) sono anche protagonisti della rassegna gastronomica annuale “Blave di Mortean” che si svolge a Mortegliano ogni mese di settembre, da un paio di decenni.