Il sughero e il Porto nel cuore
Il tappo che ha un cuore • Ho condiviso l’invito di Carlos Veloso Dos Santos, amministratore delegato Amorim Cork Italia, con Alessandro Scorsone responsabile di Perlage Italia nella guida Touring Club Italiano Vinibuoni d’Italia ed Helmuth Köcher, presidente di Merano WineFestival. L’arrivo a Lisbona ci riserva immediatamente un pomeriggio ricco di sorprese, di emozioni e
Il tappo che ha un cuore
• Ho condiviso l’invito di Carlos Veloso Dos Santos, amministratore delegato Amorim Cork Italia, con Alessandro Scorsone responsabile di Perlage Italia nella guida Touring Club Italiano Vinibuoni d’Italia ed Helmuth Köcher, presidente di Merano WineFestival. L’arrivo a Lisbona ci riserva immediatamente un pomeriggio ricco di sorprese, di emozioni e di approfondimenti conoscitivi inaspettati.
• Un’ora di macchina e ci addentriamo nel Mutado, come viene chiamata la sughereta in portoghese. Non ci sono i decorticatori, inizieranno verso la fine del mese di maggio, tuttavia il racconto di Carlos, così ricco di particolari, e lo spettacolo della foresta sono uno scenario coinvolgente. Attraverso le sue parole, è come se stessimo assistendo al rito, percependo il rumore della corteccia che si stacca dall'albero, grazie alla maestria degli operai che, con una piccola accetta, procedono con millimetrica precisione all'incisione verticale, spogliando la pianta del suo strato superiore. Un errore sarebbe fatale per il futuro della successiva decorticazione.
Nel Mutado
• La metà del sughero prodotto in tutto il mondo proviene dai 740 mila ettari delle sugherete portoghesi. Un comparto che dà lavoro a più di 100 mila persone, 8 mila impiegate solo nella raccolta stagionale. Intere famiglie qui vivono grazie alla raccolta e alla lavorazione della corteccia della quercia.
“Sono queste alcune delle caratteristiche che rendono il sughero un materiale unico - spiega Carlos - ed è difficile, se non impossibile, trovare un altro materiale con queste peculiarità. Il sughero è una materia prima rinnovabile e riciclabile al 100%”.
Non è questa affermazione a stupire me e i miei colleghi, quanto piuttosto il fatto che lo sfruttamento economico della quercia da sughero diventa un’azione che favorisce la conservazione della biodiversità. Sembrerebbe una contraddizione e, invece, “il sughereto - continua Carlos - è uno dei più ricchi ecosistemi del mondo e per questo è stato inserito tra i 35 esempi di biodiversità più importanti del pianeta. La conservazione di tale biodiversità e l’espansione dei sughereti sono possibili solo grazie al valore economico e ambientale che il sughero riveste: il solo Portogallo produce oltre il 50% del sughero a livello globale. Le foglie perse ciclicamente dalla quercia permettono la produzione di materia organica che mantiene fertili i terreni e migliora la ritenzione d’acqua piovana. La quercia rappresenta un naturale baluardo contro gli incendi forestali e, allo stesso tempo, le sue chiome frondose contrastano il forte vento proteggendo la terra dall'erosione eolica e dalla desertificazione”.
45 anni per un tappo
• Nella foresta incontriamo querce giovani e centenarie, pertanto è quasi scontato chiedere quali sono i tempi che intercorrono per la produzione della preziosa corteccia.
“A 20/25 anni dalla sua nascita - spiega Carlos - la quercia da sughero è protagonista della prima decortica. Un sughero che non verrà utilizzato per la produzione di tappi, lo spessore infatti non è sufficiente. Pertanto il sughero ottenuto verrà indirizzato verso prodotti di bioedilizia, di design, pavimentazioni... Come per le querce centenarie, l’intervallo tra una decortica e quella successiva è di circa 10 anni. Tuttavia per poter ottenere dalla corteccia di una giovane quercia dei tappi di sughero è necessario aspettare la terza decortica, quindi passeranno quasi 45 anni prima che dall’albero possa essere prelevato sughero valido per la produzione di tappi”. L’intera filiera del sughero è l’esatta traduzione dell’espressione eredità della terra. Solo i nipoti e i pronipoti godranno del frutto della quercia piantata oggi, in un ciclo di vita che durerà più di cent’anni”.
Da una tonnellata 65 mila tappi
• Per scoprire la lavorazione del prodotto ci dirigiamo ad Amorim Florestal ovvero presso la più grande industria portoghese in questo campo. La nascita del Gruppo Amorim risale al 1870, con la creazione di una piccola unità di produzione di tappi di sughero. Oggi Amorin detiene una posizione leader nel mondo dei tappi di sughero e nelle diversificazioni in altri settori che vanno dall’immobiliare al tessile, alle telecomunicazioni.
L’unità di misura con cui si pesa e si paga il sughero è l’arroba che corrisponde a 15 chilogrammi e il sughero può venire a costare, a seconda della qualità della materia prima, anche 30/40 euro. Con ogni tonnellata di sughero si produrranno poco più di 65 mila tappi. Ma come nasce un tappo di sughero?
L’occhio umano e i processi ottici
• A Santa Maria de Lamas, sorge Amorim Florestal. Qui una distesa senza fine di cataste, modula con le cortecce, le arrobas, un mare ondulato che si distende per 11 ettari pennellati con colori e trame differenti in base ai mesi di stagionatura. Infatti, il sughero, una volta raccolto deve restare almeno 6 mesi ad essiccare all’aria aperta. È solo dopo questo lasso di tempo che si procede alla trasformazione. Le cortecce protagoniste sono quelle del raccolto dell’anno precedente, che sono pronte per essere immerse negli enormi bollitori. Un’ora di bagno a 90-100 gradi pulisce il sughero, elimina i microorganismi ed incrementa la flessibilità e l’elasticità delle cortecce, che, una volta pulite, necessitano di un periodo di stabilizzazione.
• Dopo il loro appiattimento, le tavole migliori vengono selezionate e perforate tramite un procedimento manuale o semi-automatico. Una mansione importante, destinata solo ai migliori operai. Il processo passa poi attraverso il perfezionamento del singolo tappo, eliminando tutte le imperfezioni, sia con l’impiego dell’occhio umano, sia tramite processi ottici. Controlli infiniti dedicati a garantire i tappi uno per uno attraverso pratiche di certosina, impressionante e - per me - inimmaginabile precisione nella ricerca della massima qualità. Infine il tappo è pronto per essere marchiato.
Lotta al TCA
• A questi successi produttivi, Amorim Cork Italia affianca una spietata lotta al TCA, ovvero il tricloroanisolo responsabile del famigerato sentore di tappo che insidia il vino. Qui ognuno di noi è rimasto strabiliato, perché l’avanguardia tecnologica di Amorim, analizzando con il metodo NDtech uno per uno ogni tappo, riesce a rilevare la presenza di una molecola con un grado di 0,5 nanogrammi di TCA per litro e rimuovere automaticamente i tappi incriminati. Il livello di precisione necessario per soddisfare questo standard su scala industriale è stupefacente, se si considera che la soglia di rilevamento di 0,5 nanogrammi/litro è l’equivalente di una goccia d’acqua in 800 piscine olimpioniche. Altro fattore strabiliante è la velocità: NDtech è l’ultimo passo verso la realizzazione di un sistema di cromatografia rapida senza precedenti, che riesce ad analizzare ogni singolo pezzo in pochi secondi superando ogni record delle macchine. “Con questo sistema - ci spiega Carlos - l’azienda raggiunge una performance sensoriale inedita, ottenendo un risultato che nessun produttore di tappi in sughero naturale è mai riuscito a raggiungere; un risultato unico nel settore in termini di perfezione sensoriale.”
Non solo tappi, ma l’eccitante seduzione del Porto
• Porto, la città eletta Best European Destination per il 2017, nonostante i suoi 800 mila abitanti, mi ha colpito per il suo essere a misura d’uomo. Sono tante le cose che mi vengono in mente quando ripenso alle lunghe passeggiate del tardo pomeriggio e della notte. I colori, tanti e brillanti, creano una sinfonia in ogni angolo della città, in particolare nella Ribeira e nelle facciate antiche delle case dei pescatori affacciate sulle rive del Douro. Gli azulejos, le tipiche mattonelline colorate che ricoprono spesso le mura di chiese e cattedrali e di edifici pubblici, come la hall della stazione, rimandano a storie antiche e ad un passato che le frotte di turisti, giovani soprattutto, sanno ricercare negli stili e nei linguaggi architettonici della città. Porto, patrimonio Unesco, è un concentrato di arte romanica, gotica, barocca, neoclassica che convive perfettamente con le audaci opere contemporanee.
• Graham’s a Vila Nova de Gaia
Ma Porto è vino e la sorpresa è stata la visita alle cantine Graham’s. Siamo approdati a Vila Nova de Gaia in una fresca giornata bagnata da un fantozziano acquazzone che ci ha seguiti da Porto. La Graham’s è stata fondata nel 1820 dai fratelli scozzesi William e John Graham. I vini vengono trasportati fino alle cantine sulle barche, dalla Valle del Douro che si trova a circa 100 chilometri da Oporto. Le tenute (Quintas), distribuite su circa 2000 ettari di vigneti, sono quattro: Quinta Do Tua, Quinta Da Vila Velha, Quinta Das Lages e la famosa Quinta Dos Malvedos, culla dei superbi vini Graham’s, dove il micro-clima caldo e secco si combina perfettamente al terreno scistoso, creando le condizioni ideali per la crescita e la maturazione dei vigneti Le uve utilizzate per la produzione del Porto sono circa un centinaio, ma le più diffuse sono il Tinta Cao, il Tinta Barroca, il Touriga Nacional, il Touriga Francesca e il Tinta Roriz.
Carlos sorride sornione, quando ci fa accomodare per una seduta di degustazione, che alla fine si è rivelata straordinaria.
Iniziamo con due annate di Ruby, caratterizzate nel bouquet dagli aromi di frutti di bosco e di prugna; le annate li differenziano per intensità e per scorrevolezza, ma in entrambi il sapore è corposo, armonico e fruttato, tipico dei vini più “giovani”.
Passiamo ai Porto Tawny che, pur essendo prodotti da uve rosse, si differenziano dal Ruby per il procedimento di lavorazione e di invecchiamento. Infatti attraverso l’affinamento in botti di legno, che consente la “respirazione” e l’ossidazione controllata, i Tawny assumono un colore aranciato ed ambrato, con sentori gusto-olfattivi di frutta secca, ma anche di cioccolato, miele, cannella o caffè.
Il culmine è il Tawny 1972. Quarantacinque anni di nobiltà assoluta. Difficile ricordare tutte le sensazioni, se non cercando di rivivere un susseguirsi di emozioni, caroselli lessicali per trovare le descrizioni più esaustive, ma mai complete; sentimenti sospesi per l’incalzare di nuove sfere evocative… celestiale sinfonia di musiche paradisiache.
• Sul fiume
Il giorno dopo, 100 chilometri ci conducono da Porto al fiume Douro. Arriviamo a Quinta Nova de Nossa Senhora do Carmo, ristrutturata nel 1999 proprio da Amorim; una delle nuove tenute simbolo della valle del Douro. Dei 120 ettari di terreno appartenenti alla “quinta”, attualmente 85 sono coltivati a viti. I vigneti si trovano su terrazze - patamares - a un’altitudine media di 300 metri sul livello del mare. Quinta Nova de Nossa Senhora do Carmo non è solo cantina, ma un rilassante resort e un invitante ristorante dove ai piatti di ricerca territoriale abbiamo abbinato gli ottimi vini della proprietà, illustrati dalle cordialissime e colte parole del wine maker Jorge Alves.
Il panorama dalla quinta è immenso e ci introduce a quella fascia di circa 250.000 ettari di vigneti che rappresenta uno dei più affascinanti paesaggi rurali costruiti dall’uomo. Ovunque terreni aspri e scoscesi; terrazzamenti che si sovrappongono ad altri terrazzamenti, fatti ad uno ad uno a mano, dove lo sguardo si perde tra chilometri e chilometri di filari di vite, e dove s’intuisce subito che il Porto è un nettare di passione.
Ora per la sua migliore conservazione ci vorrà un tappo “maiuscolo”.
Mario Busso