Alla ricerca del vino perduto: il Raspato

Saracena è uno scrigno di sorprese a cui personalmente ho dedicato attenzione ponendo il comune, il territorio, i vitigni e il vino al centro della valorizzazione e della promozione della guida Vinibuoni d’Italia. A Vinitaly Luigi Viola, avvicinatosi allo stand di Enoteca Italia, con la modestia che lo contraddistingue mi ha proposto l’assaggio di un

Saracena è uno scrigno di sorprese a cui personalmente ho dedicato attenzione ponendo il comune, il territorio, i vitigni e il vino al centro della valorizzazione e della promozione della guida Vinibuoni d’Italia. A Vinitaly Luigi Viola, avvicinatosi allo stand di Enoteca Italia, con la modestia che lo contraddistingue mi ha proposto l’assaggio di un insolito bicchiere che mi ha permesso di ripercorrere un altro pezzo di storia della viticoltura di Saracena rimasto nell’oblio.
Custode di una secolare tradizione del paese Luigi Viola, da sempre appassionato di natura e agricoltura, dopo aver insegnato per oltre 35 anni come maestro elementare, ha deciso di dedicare a tempo pieno le sue energie al recupero, alla valorizzazione e alla diffusione di un nettare, che correva il rischio di estinzione, il Moscato di Saracena. La sua dedizione, confortata dall’impegno dei figli e da altre piccole aziende del territorio che ne hanno seguito l’esempio, ha permesso di sventare non solo l’estinzione di un vino che già era apprezzato dai papi nel ‘500, ma anche la perdita della particolare procedura di vinificazione che lo rende unico tra i vini passiti del mondo.
La nuova sorpresa è il vino che ho avuto il piacere di assaggiare: il “Raspato” ottenuto dall’utilizzo delle stesse uve usate per il Moscato passito, cioè la Guarnacca Bianca, la Malvasia Bianca, il Moscatello di Saracena e la Duraca. È chiamato raspato, perché nella botte si mette una manciata di raspi degli acini del Moscatello di Saracena e della Duraca, che hanno il compito di aromatizzarlo. Si ottiene così, dopo un affinamento in piccole botti e quello successivo in bottiglia, un vino secco dai profumi avvolgenti.
«Ho chiamato questo vino “Il Vino del Preside” - mi ha detto Luigi con un po’ di commozione - perché ho voluto ricordare mio fratello Aldo, che era preside al liceo e che ha tanto insistito affinché lo riproponessi come espressione della tradizione e della cultura enoica di Saracena.»
Il mio è stato un assaggio emozionale, ma i sentimenti non precludono il ricordo netto e ho ben presenti tuttora i profumi di uva sultanina, della pesca gialla matura e degli accenni di bergamotto ed eucalipto. La bocca la rivivo avvolgente, intensa e tesa a riproporre le sensazioni olfattive con finale sapido pressoché interminabile.

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