Barbera, il territorio in un bicchiere

Nessun altro vino rosso italiano è cresciuto nella stima generale dei consumatori quanto la Barbera, perché versatile e declinabile in stili ed esigenze di consumo diverse, ma soprattutto perché ha in sé le potenzialità di riuscire a soddisfare la domanda mondiale di qualità e di quantità. Protagonista della viticoltura piemontese, il Barbera è di gran

Nessun altro vino rosso italiano è cresciuto nella stima generale dei consumatori quanto la Barbera, perché versatile e declinabile in stili ed esigenze di consumo diverse, ma soprattutto perché ha in sé le potenzialità di riuscire a soddisfare la domanda mondiale di qualità e di quantità. Protagonista della viticoltura piemontese, il Barbera è di gran lunga il vitigno più diffuso in tutte le aree vitivinicole della Regione. A livello nazionale contende al Sangiovese il primato produttivo, infatti è presente anche in modo significativo nell’Oltrepò Pavese e nel Piacentino, dove assume altre denominazioni nel vino a cui dà origine; infine il vitigno è anche coltivato nel sud della Penisola e in Sardegna. Le sue terre di elezione sono tuttavia l’Astigiano e il Monferrato.

500 anni di storia
La prima citazione della Barbera appare in un documento catastale del 1512 del comune di Chieri, nei pressi di Torino. Circa 100 anni dopo, nel 1609, in una lettera rinvenuta nell’Archivio Comunale di Nizza Monferrato, risulta che vennero inviati “nel Contado di Nizza de la Paglia appositi incaricati per assaggiare il vino di questi vigneti, e in particolare lo vino Barbera per servizio di S.A. Serenissima il Duca di Mantova e di pagargli al giusto prezzo”.
Il silenzio di secoli si interrompe quando nel 1873, nei trattati di ampelografia di Leardi e Demaria a proposito della Barbera, si legge “… È vitigno conosciutissimo ed una delle basi principali dei vini dell’Astigiano e del basso Monferrato, dove è indigeno e da lunghissimo tempo coltivato…”.
Quando nel XIX secolo, con la nascita della piccola proprietà contadina, la viticoltura prese grande impulso in Piemonte, il vitigno Barbera venne scelto perché si trattava di un’uva che produceva in modo regolare con una buona resa in mosto; forniva vini piuttosto alcolici e colorati, in più l’elevata acidità fissa facilitava la conservazione del vino. Nizza Monferrato e il suo circondario furono l’area dove il vigneto di Barbera venne coltivato in purezza varietale, mentre nelle altre aree del Monferrato e del Tortonese era più frequente il vigneto “misto” e nelle Langhe e nel Roero, pur essendo ben presente, era superato per superficie dal Nebbiolo e dal Dolcetto.

… la svolta
I motivi per cui i produttori dell’Astigiano continuano a preferire questo vitigno rispetto ad altri sono un po’ diversi da quelli di un tempo. Il vino non è più un alimento a basso prezzo, ma un piacere della vita, e la Barbera, quando coltivata nelle zone più vocate, è in grado con i suoi vini di dare grandi soddisfazioni ai consumatori. I segnali del risveglio partirono negli anni Sessanta per opera di Arturo Bersano di Nizza, il primo a saper infondere nella Barbera le suggestioni e il plusvalore del territorio, della sua storia, della cultura e della civiltà contadina.
In seguito cantori appassionati e poetici come Gianni Brera, Mario Soldati, Luigi Veronelli, seppero celebrare la disperata resistenza della Barbera vino caparbiamente indomito e incrollabile come la gente delle sue colline. In quegli anni - racconta Gianluigi Bera - di clamorose sofisticazioni, di spregevoli frodi, di continue contraffazioni Guido Ceronetti lamentò in un suo scritto la scomparsa del vino genuino e Arturo Bersano gli rispose con un passo rimasto celebre “... mandiamogli un vino nascosto, vino da resurrezione, vino che daresti soltanto a tua madre malata...”.
Quel vino, manco a dirlo, era la Barbera, vino dall’anima misteriosa e potente, vino dalla spiritualità fatta di terra e di lune, di segreti e di stagioni.
Alla fine degli anni ‘80 l’anima della Barbera esplose grazie a un grandissimo personaggio: Giacomo Bologna.
Il resto è storia recente. L’innalzamento della qualità fu perseguito attraverso il miglioramento delle tecniche di vigneto, la selezione clonale, la riduzione delle rese per favorire una più alta qualità, la scelta oculata della data di vendemmia. In cantina, le nuove tecnologie favorirono il controllo della fermentazione malolattica, il cui meccanismo non era conosciuto fino a qualche decina di anni fa, per cui il vino fu reso più morbido al palato; infine l’affinamento in botti di legno di rovere e in barrique innalzò il vino ai piani nobili.

… un autoctono riservato
Il Barbera non è un vitigno “cosmopolita”, infatti fornisce le sue migliori performance enologiche, con vini di corpo, struttura e complessità, nella fascia collinare del Piemonte meridionale, compresa tra la pianura del Po a Nord e gli Appennini a Sud. Il vitigno predilige esposizioni calde e soleggiate e terreni calcarei piuttosto ricchi di limo e argilla e carbonati.
L’area di coltivazione coincide con il vasto comprensorio collinare noto ai geologi come bacino terziario piemontese, originato dal sollevamento del letto del mare, e la concentrazione maggiore la troviamo nel Sud Astigiano, tra Tanaro e Belbo (Nizza, Vinchio, Agliano, Costigliole…) con prevalenza della Docg Barbera d’Asti, e, con minore intensità, ma sempre come vitigno principale, a Nord del Tanaro (Nord Astigiano e Monferrato Casalese) con le denominazioni Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato.
Il vitigno lo troviamo molto diffuso nelle Langhe e nel Roero con la Doc Barbera d’Alba, con il nome Barbera preceduto dal territorio nelle Doc Colli Tortonesi, Colline Pinerolesi, Colline Torinesi, Colline Novaresi, Canavese, Piemonte e, senza citazione del nome del vitigno, nella composizione delle seguenti Doc: Rubino di Cantavenna, Gabiano, Alba, Coste della Sesia Rosso, Langhe Rosso e Monferrato Rosso. Il Barbera è dunque uno dei vitigni più rappresentativi del Piemonte e interessa circa il 35% dei 53000 ettari di superficie vitata della regione.

… come nasce unA grande Barbera
Nessun tipo di rovere o di contenitore può sostituirsi alla qualità dell’uva e tanto meno al vigneto, perché finalmente i vignaioli hanno imparato che proprio dal vigneto trae origine la qualità che caratterizza il millesimo di quel vino. Oggi la carta d’identità di un vino di eccellenza è molto complessa, ma oltre alle caratteristiche organolettiche intrinseche al vino, si chiede che alle spalle abbia un territorio ben definito, una storia importante e la testimonianza che abbia fatto parte della cultura della civiltà contadina. La Barbera possiede tutte queste caratteristiche e le manifesta soprattutto in quel territorio che nell’Astigiano e nel Monferrato, oggi, è per buona parte patrimonio dell’Unesco. Nel sogno di un grande wine maker - Donato Lanati - paradossalmente il Piemonte attraverso questo grande vino avrebbe le carte in regola per competere con la più importante regione vinicola europea: la Borgogna, infatti, rispetto al Barolo o al Brunello, la Barbera ha il grande vantaggio di avere una potenzialità produttiva di 60 milioni di bottiglie…

… ma la Barbera è soprattutto Asti
Oggi la Barbera rappresenta senza dubbio, e forse più di ogni altro vino, un prodotto in continua evoluzione, che cresce seguendo le nuove conoscenze in campo viticolo ed enologico e che, per qualità e numeri, può essere proposto a un pubblico contemporaneamente curioso, esigente e vasto. Ottenuta la Doc nel 1970, a pieno titolo è considerata tra i più importanti vini rossi italiani e conquista crescenti consensi a livello internazionale, perché trova interpretazione in una ricca gamma di vini, contraddistinti da stili ben definiti: quelli che non subiscono alcun passaggio in botti di legno, per non perdere le caratteristiche primarie; quelli che maturano in botti di grandi dimensioni, per migliorare in complessità nel rispetto della tradizione; quelli che si completano con un passaggio in piccole botti di rovere, acquisendo stoffa ed eleganza, rivolte a un gusto più internazionale.

… dal 2008 una Docg di forte personalità con le sue sottozone
Le vigne devono essere piantate in collina, con esclusione del versante nord. Il vino deve essere ottenuto da uve Barbera dal 90% al 100%, con possibilità di assemblaggio con altri vitigni autorizzati in Piemonte, non aromatici, fino a un massimo del 10%. Ci sono sfumature differenti che caratterizzano la Barbera d’Asti in base ai territori e ai vigneti di origine e alle tecniche di vinificazione. Alcuni caratteri comuni sono il colore rosso rubino, particolarmente intenso nelle tipologie Superiore, tendente al granato con l’invecchiamento. Il profumo è vinoso ed è marcato il frutto: la ciliegia, la prugna, le bacche scure, che evolvono in sentori di confettura e frutta sottospirito, quindi note più o meno intense balsamiche, speziate e talvolta floreali; con la maturazione in legno sviluppa sentori di cannella, cacao e liquirizia. Al gusto risulta piena, l’impatto in bocca è di grande immediatezza, calore e armonia. La vena acidula tipica del vitigno, che nelle vinificazioni moderne è equilibrata e non eccessiva, le conferisce freschezza e grande facilità di abbinamento con il cibo. L’affinamento regala complessità e ricchezza di tannini dolci e vellutati e una lunga persistenza gusto-olfattiva.
La Barbera d’Asti Superiore è ottenuta da attente cure e selezioni delle uve in vigneto ed è affinata in cantina per un periodo minimo di dodici mesi, durante il quale deve trascorrere almeno sei mesi in botti di legno, completato da un periodo di maturazione in bottiglia. Si tratta di vini molto longevi, che si apprezzano anche dopo dieci anni di permanenza in bottiglia.
La versione Superiore può avvalersi dell’indicazione delle sottozone:
“Tinella” quando interessa l’intero territorio dei seguenti comuni: Costigliole d’Asti, Calosso, Castagnole Lanze, Coazzolo, e Isola d’Asti limitatamente al territorio situato a destra della strada Asti-Montegrosso;
“Colli Astiani o Astiano” è possibile assegnarlo ai vini di Azzano, Mongardino, Montaldo Scarampi, Montegrosso d’Asti, Rocca d’Arazzo, Vigliano; di Asti, limitatamente alla circoscrizione Montemarzo e San Marzanotto Valle Tanaro, e di Isola d’Asti solo per il territorio situato a sinistra della strada Asti-Montegrosso.

… il Nizza
Il Nizza Docg, ottenuto al 100% con sole uve Barbera, gode della specifica denominazione territoriale dal dicembre 2014; prevede anche la dicitura riserva e ricade sull’intero territorio dei seguenti comuni: Agliano, Belveglio, Calamandrana, Castel Boglione, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cortiglione, Incisa Scappacino, Mombaruzzo, Mombercelli, Nizza Monferrato, Vaglio serra, Vinchio, Bruno, Rocchetta Palafea, Mosca, San Marzano Oliveto. In base al disciplinare può esserci anche la menzione della vigna seguita dal relativo toponimo, con rese medie di 6,3 tonnellate ad ettaro contro le 7 della menzione riserva.

… ma anche Barbera del Monferrato Doc e Docg
È la Doc più estesa: comprende le aree collinari viticole della provincia di Asti e tre comprensori viticoli (su cinque) di quella di Alessandria, che fanno capo alle tre cittadine di Acqui, Casale Monferrato e Ovada. Il disciplinare di produzione prevede oltre al vitigno Barbera il possibile impiego di altri vitigni, Freisa, Dolcetto o Grignolino, fino a un massimo del 15%. Ne esiste una versione tradizionale vivace, cioè leggermente effervescente, da consumare giovane.
C’è poi la versione più austera della Barbera del Monferrato, la Superiore che, come la Barbera d’Asti, è un vino Docg dal 2008. Il disciplinare prevede un periodo di affinamento in botti di rovere, piccole o grandi. Nella maggioranza dei casi può essere frutto di Barbera in purezza o di assemblaggio con un massimo del 15% di Freisa (utilizzata nel Monferrato Casalese), Dolcetto (impiegato nell’Alto Monferrato) o Grignolino.

… poliedrica negli abbinamenti
La Barbera può essere vino da tutto pasto, completa e soddisfacente in ogni occasione. Se affinata e strutturata sposa particolarmente bene i secondi piatti quali gli arrosti, il coniglio, il fritto misto e i formaggi a pasta dura dal gusto potente, ma, più giovane, esalta oltremodo anche i tradizionali minestroni piemontesi (da quello di ceci e costine di maiale a quello di fave) e le polente tipiche, che la ‘cucina povera’ astigiana ha prodotto e tramandato quale patrimonio di cultura gastronomica, dalla polenta con il cavolo a quella con la bagna d’infern, da quella con merluzzo al verde a quella concia. Una giovane Barbera è inseparabile dal piatto, che per antonomasia, racconta il Piemonte, ovvero la bagna caôda. Originaria proprio del Monferrato è da sempre il piatto della convivialità. Nella bagna s’intingono i più vari ortaggi, che la terra astigiana dava e dà ancora con generosità, alcuni dei quali hanno ottenuto importanti riconoscimenti per la loro tipicità ed eccellenza qualitativa, come i peperoni quadrati di Motta, i cardi gobbi di Nizza, la cipolla bionda di Asti...
La Barbera accompagnava e accompagna tutt’oggi piatti tipici come le trippe, gli zampini di maiale (batsuà), i ceci con la testina o la coda di bue. Le versioni di Barbera meno impegnative si abbinano da sempre al carpione delle vallate del Tanaro, un modo del tutto particolare di rendere meglio commestibili e conservare alcuni pesci d’acqua dolce, come carpe, tinche e barbi, dalla carne saporita ma molto liscosa.
C’è poi la cucina borghese che con questo vino si esalta, dall’insalata di carne cruda di fassone piemontese, alle acciughe al verde, al vitello tonnato; dai peperoni scottati alla fiamma, ai fiori di zucchino ripieni; dal cardo gobbo di Nizza con fonduta, ai nervetti in insalata... Tra i primi piatti gli agnolotti quadrati e quelli del plin, i tajarin e i risotti del Casalese. Poi tra i secondi, eccellono il fritto misto (di cervello, animella, fegato, cotoletta, mela, amaretto, semolino, salsiccia, fungo), il bollito (con vari tagli di carne bovina piemontese compresa la testina, più la gallina), la tasca ripiena, la frittata rognosa (con salame ed erbe), quella di rane e quella di lavertin (cime di luppolo) e il collo di tacchino ripieno.

… poi la versione passita con i dolci della tradizione
I dolci del Monferrato astigiano sono in prevalenza secchi. Un abbinamento curioso è accompagnarli con le versioni di Barbera passita che alcune aziende producono. Da provare con gli amaretti di Mombaruzzo, i baci di dama, i crumiri di Casale, i finocchini di Refrancore, le polentine del Palio, la torta monferrina, la tirà, i canestrelli di Cinaglio.
A questi si possono aggiungere il famoso bunet con l’amaretto, la torta di castagne e su tutti le pere cotte con la Barbera.

SCARICA QUI LE RICETTE DA ABBINARE AL BARBERA

ricettario Barbera

 

 

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